venerdì 25 marzo 2011

il bambino competente

Credo che ogni mamma e ogni papa' in fondo in fondo abbia avuto il sentore, quando non la inconfutabile certezza, che il proprio bambino fosse intelligente, anzi intelligentissimo, molto più di quanto il resto del mondo potesse pensare, così intelligente da sapere, da solo, di cosa ha bisogno, e cosa deve fare per soddisfare quel bisogno.
Alcune mamme e alcuni papa' hanno poi pensato che forse il loro bambino non era solo intelligentissimo, ma addirittura competente, più competente di loro due messi insieme, e hanno quindi provato a mettere da parte quel loro essere adulti - che da solo dovrebbe bastare a garantire una certa capacita di giudizio - un po' saccente che avrebbe spinto altri a dire "so io cosa e' meglio per te, bambino mio", in favore di un atteggiamento più umile - ed utile - che li ha spinti a chiedere: "di cosa hai bisogno? Se ti osservo imparerò ad interpretare le tue richieste".
E questa mamma e questo papa' hanno così scoperto che il loro figlio non e' una scimmietta da ammaestrare per compiacere un pubblico plaudente, ma una persona, una piccola persona, piccola di misura, ma degna, al pari di ogni altro individuo.
Riconoscere al bambino la competenza dei propri bisogni, presuppone da parte del genitore, oltre che una buona dose di umiltà, anche una grande, straordinaria fiducia nel proprio, piccolissimo figlio, ma soprattutto una grande, straordinaria fiducia in se stessi, nelle proprie abilita' di accudimento e di interpretazione che non possono essere delegate a terzi.
E d'altra parte, perché delegare? Per poter scaricare su altri la responsabilità di eventuali fallimenti?
Non e' necessario: la mamma e il papa' che si informano, si mettono in gioco, si confrontano e chiedono, hanno tutti gli strumenti per decidere liberamente ed autonomamente della vita loro e dei loro figli.
C'e sempre un margine di errore, ed e' quel margine che ci rende meravigliosamente imperfetti e magicamente unici. E' un rischio che vale la pena di accettare.

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